mercoledì 9 maggio 2018

დიდგორი / Didgori - 12 agosto 1121




La Georgia è uno di quei paesi la cui conoscenza, da parte di molti storici occidentali, è piuttosto fumosa. Lo stesso dicasi per l’evento particolare rappresentato dalla Battaglia di Didgori. Molto tempo fa vi avevo parlato della Battaglia di Avarayr, facendo un breve riassunto della situazione armena nel V secolo. Poco più a nord, nello stesso periodo, stava crescendo un’altra realtà politica, quella georgiana. Semplificando la reale situazione, la Georgia di quel periodo era divisa fra i Regni di Lasica (la vecchia e ben più famosa Colchide) e di Iberia, entrambi pressati dall’Impero Romano e da quello Sasanide. Fu proprio un re d’Iberia, Vakhtang I, a tentare una prima unificazione della Georgia. Vakhtang, molto vicino a Roma, riuscì ad aumentare la zona di influenza dell’Iberia, ma dopo la sua morte e quella del figlio, l’Iberia tornò ad essere una provincia sasanide. Analogamente a quanto accadde per l’Armenia, anche la Georgia fu costretta a subire il traumatico passaggio dal mondo greco-romano-persiano a quello arabo. L’invasione di Marwan Ibn Muhammad, del 735, fu devastante. Gli arabi rasero al suolo villaggi e città e gran parte della popolazione cercò rifugio nelle fortezze montane. La resistenza georgiana fu strenua, le perdite del futuro califfo molto pesanti. La crudeltà di Marwan divenne leggendaria, anche a causa della tortura e condanna a morte di due principi Argveti che avevano rifiutato la conversione all’Islam. Attorno al 750 venne fondato l’Emirato di Tbilisi, ma la resistenza georgiana continuò a prosperare, grazie soprattutto alla famiglia Bagration. Re Ashot il Grande riuscì a strappare dalla mano araba molte terre ed il Regno di Tao-Klarjeti divenne una importante enclave indipendente stretta fra Bisanzio e Islam. Rimanevano anche altri stati indipendenti, come l’Imereti e l’Abkhazia, e fu proprio la famiglia Bagration ad unificarli, sotto Bagrat III (978), in un unico Regno di Georgia. Come avrete notato, sono partito da fatti molto anteriori alla data citata nel titolo. Questo breve riassunto è stato però necessario a evidenziare i momenti più rilevanti che portarono allo scontro di Didgori. Nonostante l’unificazione, in Georgia continuarono le guerre intestine fra Bagration e altre famiglie. Le cose precipitarono nella seconda metà dell’XI secolo, quando i Selgiuchidi di Alps Arslan attaccarono  la Georgia. Attorno al 1064, quasi tutta la Georgia orientale era in mano turca. Le forze militari dei due avversari erano troppo differenti perchè i georgiani potessero respingere i Alps Arslan e, dopo la Battaglia di Manzikert (1071), i Turchi ebbero la strada spianata per l’ingresso in massa anche nella Georgia Occidentale (e in tutta la regione caucasica). Chiunque abbia un poco di dimestichezza con gli studi storici, avrà notato che proprio in questi momenti di difficoltà estrema emergono spesso dei grandi leader. Le Georgia ne ebbe uno molto particolare, visto che salì al trono a 16 anni. Davide IV successe al padre, Giorgio II, nel 1089, per delle ragioni non ancora appurate in maniera completa. Grazie alle sue buone doti di statista (e, immagino, grazie a dei consiglieri navigati) riuscì, nell’ultimo decennio dell’XI secolo, a rosicchiare buona parte del dominio turco nella Georgia orientale. Fra il 1092 ed il 1103 eliminò la minaccia interna rappresentata dal ducato di Kldekari, che da oltre un secolo era in guerra con la casa dei Bagration (ed era giunto ad invocare l’aiuto dei Selgiuchidi); nello stesso periodo si rifiutò di pagare il tributo ai Turchi e non accettò un titolo onorifico concessogli da Bisanzio (che non aveva perso il vizio di seppellire i potenti locali sotto una montagna di sebastos, protosebastos, panhypersebastos, ecc.). In sostanza, Davide IV si liberò del giogo turco e, dall’altro lato, si pose di fronte a Bisanzio in condizioni di parità. Dopo l’appello di Urbano II, che portò alla prima Crociata, Davide (nel 1097) smise di pagare anche il tributo diretto al Sultano. Grande sostenitore della Chiesa, Davide IV pose le più importanti cariche religiose sotto il controllo della corona, ma le fece partecipare in maniera concreta alle decisioni fondamentali per la vita del paese. Costruì chiese e monasteri, che divennero fondamentali per la rinascita culturale del paese (il Monastero di Gelati è il più famoso) assieme all’educazione dei giovani. Riguardo a questi ultimi, Davide ne selezionò un certo numero per mandarli a studiare a Costantinopoli, in modo da poter tornare in patria con un buon bagaglio di conoscenza storiche, scientifiche ed artistiche. Nel frattempo (parliamo sempre dei primi due decenni dell’XI secolo), Davide riuscì ad arrestare tutti i contrattacchi dei Selgiuchidi e ad ampliare ulteriormente il suo dominio. Non ci furono scontri campali, ma battaglie minori e assalti alle numerose fortezze sparse per la Georgia (Samshvilde, Dzerna, Rustavi, Kaladzori, Lore,  Aragani, ecc.). Uno dei problemi più importanti che Davide fu costretto ad affrontare fu quello militare. Il suo dominio non aveva una grande estensione e buona parte delle sue forze militari provenivano dai feudatari del regno. Come ben sappiamo, gli eserciti feudali erano soggetti a grandi difficoltà organizzative, e spesso il sovrano aveva una conoscenza solo sommaria dell’effettivo numero di soldati di cui poteva disporre. Oltre a questo, parte della popolazione si era rifugiata nelle foreste o sulle montagne per sfuggire alle grinfie turche.

La questione fu risolta in modo brillante. Come dice Alexander Mikaberidze, della Louisiana State University: The Georgian crown possessed the monaspa royal troops [guardia reale] of some 5,000 men, but it was dependent militarily on the troops supplied by feudal lords — who often defied the king. To solve this problem, King David came up with a brilliant solution. He married the daughter of the leader of the powerful Cuman-Qipcaqs residing in the northern Caucasus, and in 1118 he invited the entire Cum an-Qipcaq tribe, which was engaged in a bitter war with rising Russian principalities, to resettle in Georgia. Between 1118 and 1119, King David moved some 40,000 Qipcaq families (approx. 200,000 men) from the northern Caucasus steppes to Kartli (central Georgia) and, to accelerate their assimilation into the Georgian population, they were dispersed over a number of places while retaining their clan structure. They were outfitted by the crown and granted lands to settle. In turn, they provided one soldier per each Qipcaq family, allowing King David to establish a 40,000-man strong standing army in addition to his royal troops.

Un modo brillante, dicevo, ma rischioso. I Qipcaqs, o Kipchaks, conducevano una vita nomadica ed erano abituati a servire come mercenari presso diversi regni. Dar loro un gran numero di terre per convertirli al sedentarismo fu una mossa audace, che gli diede senza dubbio più vantaggi che svantaggi. Trascinare nel proprio territorio un simile numero di uomini in età da guerra avrebbe potuto condurre all’autodistruzione della Georgia. Evidentemente, Davide IV era davvero un uomo fuori dall’ordinario, capace di gestire e conciliare le esigenze della popolazione, della chiesa e dei soldati. I suoi continui successi militari portarono i turchi a considerare Davide la minaccia principale per il loro dominio, superiore quindi a quella rappresentata dai Crociati e da Bisanzio. Il Sultano Mahmud II decise che era finito il tempo delle scaramucce. Bisognava annientare la Georgia una volta per tutte. Attorno al 1120, Davide IV era pronto alla guerra. L’incarico di portare a termine l’impresa fu affidato al generale Ilghazi, il quale aveva annientato un esercito crociato solo due anni prima, nella famosa Battaglia dell’Ager Sanguinis. Ighazi fu dotato di un esercito enorme, uno dei più imponenti nella storia militare medievale, ma le stime di alcuni cronisti (400.000-600.000 uomini) sono assolutamente esagerate. Diciamo che una cifra attorno ai 100.000 (contando cuochi, fabbri, falegnami, operai, ecc.) mi sembra più plausibile. Il 10 Agosto 1121, l’armata turca era accampata in una piana ai piedi del Monte Didgori, 40 km a ovest di Tbilisi. Ilghazi non aveva trovato alcuna resistenza, poiché Davide aveva fatto evacuare tutti gli abitanti sulla linea di marcia dei turchi. L’esercito georgiano era composto da quasi 60.000 uomini, ma le fonti non concordano sul numero complessivo dei guerrieri Kipchaks (15.000-40.000) . Al grosso dell’armata si aggiunsero 500 Alani e 200 Crociati furiosi per le sconfitte subite in Terra Santa. La strategia elaborata da Davide era semplice: creare un diversivo e attaccare il nemico di sorpresa. Conoscendo l’importanza di quella che sarebbe stata ricordata come la Battaglia di Didgori, si dice che Davide abbia fatto ammassare tronchi d’albero sulla strada dietro l’esercito georgiano, in modo che nessuno potesse battere in ritirata. 



Secondo uno dei soldati franchi, prima della battaglia Davide pronunciò queste parole: Soldati di Cristo! Se combattiamo con totale dedizione, difendendo la fede nel Nostro Signore, non solo annienteremo gli infiniti servi di Satana, ma Satana stesso. Aggiungerò solo una cosa che aumenterà il nostro onore e la nostra impresa: alziamo le mani al Cielo e giuriamo al Nostro Signore che in nome dell’ amore che proviamo per Lui, moriremo sul campo di battaglia piuttosto che fuggire via.

Decise dunque di mandare 200 cavalieri pesanti come messi, che Ilghazi accettò di incontrare. I 200 cavalieri erano però il diversivo. Caricarono i comandanti turchi andati loro incontro e affondarono una carica nel campo nemico. Allo stesso tempo, un contingente dell’esercito di Davide (guidato dal figlio Demetrio) si era inerpicato sulle alture intorno alla valle. Il grosso dell’esercito attaccò mentre i turchi tentavano di riorganizzarsi e i soldati di Demetrio giunsero dall’altro lato. Purtroppo le descrizioni della battaglia non sono abbastanza particolareggiate, ma sappiamo che fu un massacro. I georgiani inseguirono i turchi in fuga per 3 giorni, lasciandone in vita solo poche centinaia. La Battaglia di Didgori era stata vinta. A detta degli storici dell’epoca, fiumi e colline furono coperti dai cadaveri dei nemici, tanto che Davide venne definito “La Spada del Messia”. Per la differenza delle forze in campo e la presunta imbattibilità dei turchi, i georgiani definirono quella battaglia dzlevai sakvirveli, “una vittoria miracolosa”. In tempi recenti è stato eretto sul luogo della battaglia un monumento (enormi spade in pietra infisse nel terreno) in onore degli eroi che vi presero parte. Negli anni successivi alla battaglia di Didgori, Davide cacciò definitivamente i turchi dalla Georgia. Tiblisi, capitale dell’omonimo emirato, cadde nel 1122, ma Davide fu capace di allargare la sua sfera d’influenza all’Armenia, dove inflisse altre sconfitte ai Selgiuchidi. Incredibile a dirsi, molti m usulmani rimasero all’interno del Regno di Georgia. Sembra infatti che Davide attuasse una politica di grande tolleranza nei confronti di ebrei e musulmani, e, cosa da non sottovalutare, che fosse riuscito a mitigare in maniera notevole la pressione fiscale sulla popolazione.

 


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